ALIMENTAZIONE

 

 

 

Si sono sempre considerati gli anfibi adulti come animali carnivori capaci di divorare tutto quello che si presenta loro davanti, sempre che si muova e che sia adeguato per le dimensioni della loro bocca; avremo modo di vedere invece quanto ciò non sia sempre vero e generale per tutti i rappresentanti del gruppo. Si devono considerare diverse eccezioni e sapere quindi che la dieta vegetariana non è legata solo agli individui larvali.

Tali scoperte sono state conseguite grazie ad esperimenti in laboratori in condizioni controllate e grazie anche ad osservazioni del contenuto dello stomaco in esemplari selvatici.

 

Esempi rappresentativi e curiosi di tali scoperte sono:

 

Il genere Sirenide si alimenta di piante acquatiche in forma volontaria.

La salamandra Aneides lugubris sembra prediligere i funghi come componenti della sua dieta in relazione alle numerose spore ritrovate nei tratti digestivi di diversi individui.

La dentizione e il tipo di stomaco del Typlonectes obesus suggerisce che questi animali molto probabilmente si alimentano di piccoli organismi che incontrano attaccati alle rocce dei ruscelli dove vivono.

Il Bufo terrestris e Bufo marinus in cattività si sono alimentati anche con cibo di cane.

La rana arboricola Hyla truncata include nella sua dieta frutti di Anthurium harrisii e Erythroxylum; si tratta di un caso di endozoocoria (meccanismo di dispersione dei semi  dopo essere stati ingeriti da un animale) per cui la pianta necessita che i semi che i suoi semi attraverso il tratto digestivo degli animali per poter poi germinare. In tal modo la rana (assieme ad altri animali) gioca un ruolo importante nella disseminazione di questi semi.

 

Quindi, anche se di base gli anfibi adulti sono carnivori, includono volontariamente altri alimenti nella loro dieta se si presenta loro occasione.

Per quanto riguarda le larve, se ne incontrano di erbivore, carnivore e spesso onnivore. I piccoli di Ceratophrys sono carnivori, mentre quelli di Alytes sembrerebbero  erbivori anche se, dato che quello di cui si alimentano è composto da alghe e microrganismi, che crescono sopra la vegetazione, substrato e tronchi che possono essere caduti nello stagno in cui sono nati, sarebbe più esatto parlare di  onnivorismo.

 

 

Preferenza alimentari....

 

 

Gli anfibi e in modo particolare gli anuri, hanno un basso potere di discriminazione in questioni alimentari.

Sono stati condotti studi riguardo l'influenza dell'esperienza nella cattura delle prede di differenti dimensioni nella salamandra Plethodon cinereus. Le mosche della frutta grandi furono catturate con maggior frequenza rispetto le piccole per la tecnica della persecuzione piuttosto che quella dell'agguato. Tali risultati si sono potuti avere solo quando le salamandre hanno avuto un'esperienza con entrambe i tipi di mosca, per cui esiste un processo di apprendimento da parte di questi animali che marca le loro preferenze alimentari quando vengono somministrate entrambe le prede.

 

 

Quando gli anfibi hanno esperienze sgradevoli riguardo la cattura di qualsiasi tipo di preda, non ritornano a catturarla. Tale comportamento non pare essere esclusivo degli anfibi perchè lo si incontra ad altri livelli nella scala zoologica.

In relazione alle diverse esperienze si può affermare che gli anfibi prediligono gli alimenti di facile ingestione. Così avviene per la salamandra Batrachoseps attenuatus quando si alimenta con prede blande o con  potente esoscheletro di chitina, preferisce sempre le prime anche se di dimensioni più piccole rispetto le seconde e quindi di minore quantità.

Altro esempio lo si incontra nella vecchia tecnica di cattura della rana di stagno; se si attacca un pezzo di tela ad un filo di nylon e lo si fissa ad una canna, muovendolo di fronte ad una rana la si può catturare e ciò è dovuto alla tendenza dell'animale ad avventarsi sopra tutto ciò che gli si muove davanti ed interpretarlo come cibo. Ovviamente, tutte quelle rane "passate" attraverso questa esperienza, non ricadranno nella trappola ed ignoreranno il falso richiamo che gli si proporrà.

 

 

 

Come trovano e catturano il cibo?.......

 

Ricerca.....

 

La vista e l'olfatto sono vitali nella ricerca dell'alimento, però l'importanza di uno o dell'altro dipendono dal tipo di anfibio.

La vista è il senso che domina quando le condizioni di luminosità sono elevate, in relazione ovviamente a quanto lo possano essere per un animale, e quindi già la presenza della luna nell'oscurità della notte viene considerata buona luminosità. La vista quindi è sicuramente il senso predominante in tutti gli anfibi per scoprire la presenza di cibo e l'olfatto un adattamento secondario legato al particolare modo di vita di ogni singola specie.

Ciò si manifesta nell'esperimento precedentemente commentato della rana di stagno dove si segue il seguente comportamento:

 

Stimolo (richiamo in movimento) -------- Risposta dell'animale (cattura)

 

Questa esperienza dimostra che l'animale ha una sorta di "chip" interno che è come se gli dicesse di catturare tutto ciò che gli si muove di fronte (essendo cibo) e di porre attenzione solo al fatto che sia idoneo alle dimensioni della bocca.

 

Anche in natura sono stati condotti studi per avvalorare tale tesi: Hamilton trovò semi fluttuanti di piante all'interno di due rane (Rana clamitans) e la spiegazione è dovuta al fatto che le rane vivevano vicino ad un ruscello dal quale passavano questi semi trasportati dalla corrente e quando le rane li vedevano passare velocemente, si avventavano addosso ingoiandoli pensando fossero cibo.

 

 

Oliver scrisse di un Bufo marinus avvelenato per l'ingestione di fiori tossici.

Evidente quindi l'esistenza di questo "chip" genetico che scatena il comportamento di catturare tutto ciò che si muove evidenziando un "comportamento innato".

 

L'olfatto sembra giocare un ruolo secondario rispetto alla vista; gli animali sembrano ricorrere ad esso quando impossibilitati ad aiutarsi con la vista (animali che vivono in quasi completa oscurità) e quando le prede sono immobili.

La salamandra Hydromantes italicus è capace di localizzare la sua preda in completa oscurità con grande precisione grazie all'olfatto e catturarla con la sua lingua ad una distanza adeguata.

Quindi si può affermare che si osservano fenomeni di inibizione dell'olfatto sopra la vista in situazioni di buona illuminazione per cui il senso della vista domina sopra l'olfatto e la salamandra non si alimenterebbe salvo che la preda si muova.

 

Gli anfibi totalmente acquatici o le larve in generale, rispondono spesso a vibrazioni (cambi di pressione) prodotte da una possibile preda quando si muove nell'acqua. Intervengono in questo meccanismo gli elettrorecettori (la muscolatura della preda produce impulsi elettrici rilevabili dai suoi predatori) e spesso meccanorecettori (tatto).

 

 

Si sono realizzati studi che pongono l'importanza integrata di fotorecettori, chimorecettori e meccanorecettori per catturare una determinata preda; il caso del tritone Notophthalmus viridescens.

 

 

Cattura......

 

Gli anfibi catturano le loro prede per mezzo della lingua o direttamente con la bocca. Molto spesso l'impiego di uno o dell'altro meccanismo va relazionato con le dimensioni della preda ma in altri casi dipende dalla specie in questione.

 

 

Gli anfibi presentano anche denti e la loro distribuzione è variabile secondo i gruppi: cecilia, salamandre e alcuni anuri presentano denti formando una o due file nei margini del maxillare o nella mandibola inferiore.

Esistono casi peculiari , per cui il genere Rana manca di denti nella mandibola inferiore mentre il genere Bufo manca di denti in entrambe ed alcune salamandre presentano denti sia inferiormente che superiormente.

La funzione dei denti negli anfibi è quella di bucare, forare le prede e ritenerle per evitare che scappino piuttosto che per la masticazione. Negli anfibi infatti non incontriamo palato secondario e ciò risulta imprescindibile perchè avvenga la masticazione dato che qui il tetto della cavità boccale è molle mentre quello degli animali masticatori è duro.

Importante però anche il fatto di perforare le prede perchè si facilita la posteriore digestione evitando di ingerire per intero insetti dalla struttura particolarmente dura.

Nel caso di specie vivipare di cecilia sembra che i piccoli sviluppino all'interno una dentizione speciale(caratteristica delle differenti specie) per  "raspare" la zona dell'ovidotto e stimolare la secrezione delle sostanze nutritive da parte della madre, trattandosi ovviamente di un viviparismo non placentario.

 

Parlando della bocca direttamente come sistema di cattura dell'alimento, dobbiamo sottolineare che viene utilizzata da quegli anfibi che mancano di lingua (Famiglia Pipidae) o quando le prede sono di dimensioni troppo grandi e l'esempio più tipico lo si incontra con la rana Ceratophrys quando cattura un topo.

 

 

La lingua degli anfibi è carica di muco ed è appiccicosa al tatto  ciò, unito al fatto che è proiettabile nella maggior parte dei casi, permette all'animale di catturare una preda anche a considerevole distanza.

 

In molte specie si presenta al contrario, nasce dentro il bordo della mandibola inferiore rimanendo così fissata alla cavità boccale per il suo estremo anteriore; per catturare l'alimento la lingua proiettabile viene estesa e poi riposta fino all'interno della bocca portando con se la preda catturata pronta in posizione per essere ingoiata.

 

 

Questo modello non è generalizzato a tutti gli anfibi, alcuni non presentano lingua proiettabile e in altri al posto di essere unita nella sua parte anteriore al suolo boccale lo è nella parte posteriore.

 

Le specie prive di lingua (Pipidae) utilizzano il sistema di suzione per catturare le prede. Consiste nell'aprire la bocca e dilatare il collo in modo che si crei l'effetto di suzione; utilizzato da tutti gli anfibi acquatici può presentare due casi:

 

Flusso unidirezionale dell'acqua: caso in cui gli animali possiedono branchie. L'acqua entra dalla bocca insieme alla preda per la forza della suzione, però l'acqua sale all'esterno della cavità boccale attraverso le bran chie e la preda rimane ritenuta.

 

Flusso bidirezionale dell'acqua: caso in cui gli animali non possiedono branchie per cui l'acqua è ritenuta nella cavità boccale e deve salire da essa senza che la preda venga rilasciata.

 

Si è parlato di lingua, di bocca e della forza di suzione però è certo che gli anfibi possono anche essere aiutati dalle loro estremità per terminare di introdurre l'alimento nella loro bocca una volta che lo tengono ad esse e addirittura si aiutano con le estremità posteriori proprio per attrarre la preda con una specie di contorsioni e vibrazioni. Questo è ciò che gli inglesi definiscono "prey-luring" (adescamento).

L'esempio più tipico dell'uso delle estremità anteriori lo incontriamo nello Xenopus laevis, facile vederle anche in acquario quanto si aiutino con le loro estremità anteriori per introdurre nella loro bocca la preda catturata. E' un procedimento laborioso molto interessante da osservare.

 

 

Strategie di cattura

 

La tipologia di cattura più "comoda" consiste che il predatore speri pazientemente che la preda gli si avvicini per balzarle addosso. Gli anfibi che utilizzano questa tecnica rimangono immobili fino a che la preda viene loro a tiro. Sono anfibi dal corpo pesante, robusto (importante per neutralizzare i movimenti della preda) e che tendono a rimanere nascosti nella vegetazione o interrati nella terra  per passare inosservati.

 

In contrapposizione a questo "metodo" c'è la caccia attiva in cui i predatori vanno alla ricerca della propria preda. Muovendosi sul loro territorio cacciano tutte le prede che si pongono a tiro fino a saziare il loro appetito. Sono anfibi molto agili e stilizzati.

 

 

Riserve energetiche e benefici

 

I depositi di grasso sono la principale riserva energetica di questi animali così come per tutti gli altri vertebrati.

La finalità di tale riserva è di servire da alimento all'animale durante i periodi di scarsità di cibo e il periodo di "ibernazione" anche se esistono casi di anuri che durante questo periodo escono comunque a caccia di prede.

 

Tutti sappiamo che l'alimentazione è necessaria per somministrare energia e per permettere che gli animali possano mantenere le loro funzioni biologiche ma è certo che alcuni anuri hanno ricavato un ulteriore beneficio a quello di alimentarsi sfruttando le tossine che presentano le prede delle quali si alimentano.

Caso esplicativo quello delle Dendrobatidi dalla spettacolare colorazione; negli esemplari mantenuti   in cattività, il veleno non risulta pericoloso per chi li accudisce e ciò è dovuto alla diversità di prede, di alimentazione a cui sono sottoposte.

 

I primi studi realizzati in questo senso partirono dall'ipotesi che il veleno fosse prodotto dal metabolismo di questi animali come succede in alcune piante ma tale ipotesi perse forza man mano. Si è parlato molto riguardo quali siano gli organismi che apporterebbero il veleno a queste rane e sebbene molti studiosi tendono a considerare le formiche come possibile causa, certo è che non tutto si accentra in questi insetti; esaustivi studi sono stati realizzati per verificare ciò da parte dell'Università della Florida , trattando proprio il ruolo delle formiche nella presenza di veleno di queste rane.

Lo studio si è realizzato sulla Dendrobates pumilo e pone l'attenzione sulll'elevata concentrazione di  pumilotossine incontrata nelle formiche del genere Brachymyrmex e Paratrechina ma la curiosità è che  non tutte le formiche studiate presentano questa tossina in relazione a quando e dove sono state catturate.

In questa specie si è riscontrata un'elevata specificità alimentare dimostrata dalla grande quantità di resti di queste formiche trovati nello stomaco di queste rane e per tanto, l'origine del loro veleno lo incontriamo nelle formiche delle quali si alimentano che a loro volta lo ottengono dalle piante.

Non tutti gli studiosi però credono siano le formiche la causa del veleno, dimostrando che l'origine del veleno nella Dendrobates auratus è dovuto alla precocinelina e pirrolicidina che ingeriscono attraverso piccoli millepiedi e scarafaggi di cui si alimentano.

 

Pare chiaro quindi che non tutte le Dendrobates si cibino degli stessi alimenti logicamente, anche perchè si creerebbe un'elevata concorrenza intraspecie per l'alimentazione che impedirebbe la convivenza di diverse specie nello stesso habitat.

Il modo in cui le piante intervengano in questo meccanismo è piuttosto logico: gli alcaloidi sono prodotti dalle piante di cui si cibano gli artropodi di cui si cibano le rane. Per semplice bioaccumulazione il veleno viene ritenuto nel corpo di questi anuri dando luogo alla sua tossicità.

Si è parlato di piccole formiche, piccoli insetti però sicuramente su può generalizzare ciò ad altri più piccoli artropodi che incontrano queste rane nel loro habitat naturale; tutto dipenderà dalla specie di rana che potrà assumere un tipo di preda piuttosto che un altro. Ma di base, senza le piante che producono inizialmente questi alcaloidi, gli invertebrati non li potrebbero accumulare e di conseguenza le rane non potrebbero ritenerli alimentandovisi.

 

 

Concorrenza per il cibo......

 

E' raro che esista concorrenza interspecie  dato che generalmente gli animali che occupano la stessa nicchia ecologica e competono per le stesse risorse, tendono a disgregarsi. Specie differenti che necessitano dello stesso tipo di alimento, non vivranno nel medesimo micro habitat.

Non succede lo stesso con la concorrenza intraspecie, dato che può avvenire il caso di convivenza tra adulti e giovani nella stessa zona; anche se gli adulti tendono a  catturare prede più grandi rispetto ai giovani , in caso di necessità un adulto non esita a sottrarre cibo ai propri piccoli.

Il problema non solo interessa i giovani ma che anche tra gli stessi adulti esiste concorrenza per gli alimenti; chi si alimenterà per se sarà più forte, crescerà di più e per tanto sarà più facilitato a riprodursi.

Si ritiene che specie piccole si alimentino di prede piccole e che le grandi lo facciano con prede più grandi dentro uno stesso habitat, nonostante ciò uno studio realizzato su salamandre pletodontide (Aneides flavipunctatus, Aneides lugubris e Batrachoseps) rivela che non sempre le specie più grandi prediligano le prede più grandi che incontrano. Risultati simili sono stati ottenuti con studi sulla rana Pseudacris triseriata.

 

 

Alimentazione in cattività